martedì 6 gennaio 2009

Samarcanda


Gigo Gabashvili, Bazar a Samarcanda, 1890 ca.
Amin Maalouf, Samarcanda (Samarcande, 1998), "Tascabili Bompiani. Best Seller", 859, Bompiani, Milano, 2005, traduzione dal francese di Emanuela Fabini, 303 pagine.

In un breve scritto, contenuto in Otras inquisiciones, Borges riporta la storia di un patto tra tre personalità eccezionali della Persia dei Selgiuchidi. Il primo di questi è Omar Khayyam (1048–1131), matematico, astronomo e poeta, il secondo Nizam al-Mulk (1018–1092) e il terzo è Hassan-i Sabbāh (1034-1124) fondatore della setta degli Assassini.
Maalouf sviluppa la storia apocrifa dell'amicizia dei tre e compone un romanzo incentrato sulle traversie del manoscritto di quartine (Rub'ayyat) scritto da Omar Khayyam.
Il racconto si dipana dalla Persia del XI secolo, tra Samarcanda, Isafahan e la fortezza di Alamut per finire nelle profondità oceaniche dove il manoscritto affonda insieme al Titanic.
La narrazione segue il manoscritto dal momento della sua creazione alla sua riscoperta ad opera di un americano, Benjamin Omar Lesage, che lo recupera dalle mani di Mirza Reza Kermani, seguace di Jamāl-al-dīn Asadābādī e assassino dello Shah Nasser al-Din attraverso gli anni della Rivoluzione costituzionalista iraniana.
Benjamin Omar Lesage, reincarnazione di Omar Khayyam, compie un percorso parallelo a quello del grande poeta persiano diventando amico di Howard Conklin Baskerville (1885-1909) martire americano della rivoluzione iraniana e di William Morgan Shuster (1877—1960) ministro del tesoro della repubblica persiana e dello stesso Jamāl-al-dīn in esilio a Costantinopoli.


In fondo all'Atlantico c'è un libro. Io ne racconterò la storia.
"Quante volte da adolescente e in seguito, dopo l'adolescenza, ho incontrato uno sguardo, un sorriso. Durante la notte sognavo che quello sguardo diventasse presenza, diventasse carne, donna, luce abbagliante nell'oscurità. E all'improvviso, nel buio di questa notte, in questo padiglione irreale, in questa città irreale, eccoti, bella donna, per di più poetessa in dono".
Lei ride. "In dono, che ne sai? Non mi hai sfiorato, non mi hai visto e forse non mi vedrai, poichè me ne andrò molto prima che mi cacci via il sole".
Nell'oscurità ancora fitta, un lungo fruscio di seta, un profumo. Omar trattiene il fiato, la sua pelle è tesa; non può fare a meno di chiedere con l'ingenuità di uno scolaro:
"Hai ancora il velo?"
"Non ho altro velo che la notte." p. 40

Esahane, nesf-é giahane! dicono oggi i persiani. "Isafahan, metà del mondo!" L'espressione è nata molto tempo dopo l'età di Khayyam, ma già nel 1074, quante parole per decantare la città: "le pietre sono galena, le mosche api, l'erba è zafferano", "l'aria è pura e salubre, i granai non conoscono calandra, la carne non si decompone". p. 70.

Così lo sentii dire: 'La mia tomba sarà in un luogo tale che ogni primavera il vento del nord la coprirà di fiori'. p. 151

Era un goccio d'acqua e si confuse col mare.
Era un granello di polvere, si mescolò con la terra.
Che cosa più fu mai il tuo passaggio nel mondo?
Un moscerino comparve, e sparve poi di nuovo.
p. 151

La guerra era stata dichiarata a mezzogiorno. Ritirata, sfacelo, invasione, carestia, Comune, massacri, mai mio padre visse un anno più intenso: sarebbe rimasto il suo ricordo più bello. Perchè negarlo? trovarsi in una città assediata dà un piacere perverso, quando si alzano le barricate, uomini e donne ritrovano le gioie del clan primitivo. p.161

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